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Il socio di maggioranza di società di capitali può essere assunto alle dipendenze della medesima società.

Il Tribunale di Brescia, Sezione Lavoro, con sentenza n. 35/2022 pubblicata in data 09.02.2022, in accoglimento del ricorso depositato dallo Studio Legale Riviera, ha accertato e dichiarato l’invalidità del verbale mediante il quale l’Inps, sulla scorta della ravvisata incompatibilità, aveva disconosciuto il rapporto di lavoro subordinato instaurato con una società di capitali, nella specie una s.r.l., per l’intero lasso temporale durante il quale il dipendente aveva, contestualmente, ricoperto il ruolo di socio di maggioranza della medesima società, detenendo il 90% del capitale sociale.

Contrariamente a quanto ritenuto dall’ente previdenziale, ed aderendo alla difesa del nostro Studio, il Tribunale, ponendosi in linea con il prevalente orientamento giurisprudenziale di legittimità, ha infatti evidenziato che non vi sono ostacoli alla configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato fra la società e il socio titolare della maggioranza del capitale sociale, attesa la sostanziale estraneità dell’organo assembleare all’esercizio del potere gestorio e non essendo ragionevole considerare di per sé irrilevante, al fine di escludere il rapporto di subordinazione, la partecipazione diretta del lavoratore all’organo investito di un siffatto potere e ritenere invece ostativa la partecipazione indiretta e mediata alle scelte societarie attraverso il potere di nominare i soggetti che hanno il compito di effettuarle.

Per l’effetto, ritenuto che il ricorrente avesse assolto, mediante le produzioni documentali e le risultanze dell’attività istruttoria, all’onere di provare tanto lo svolgimento di mansioni prettamente esecutive e prive di valenza gestoria, quanto l’eterodirezione, il Tribunale ha accertato e dichiarato la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con la società.

In pari tempo il menzionato Tribunale ha ritenuto che finanche l’eccezione sollevata in via subordinata dall’Inps, finalizzata alla riconduzione dell’attività lavorativa del ricorrente nell’ambito dell’impresa familiare in ragione del rapporto di parentela esistente tra questi e l’Amministratore unico della società, da cui sarebbe scaturita la presunzione di gratuità della prestazione, non fosse accoglibile a fronte dell’intervenuta dimostrazione della subordinazione.

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